Dal 10 febbraio, Giornata del Ricordo, nella quale l’Italia rende omaggio ai 10 mila nostri compatrioti massacrati nelle foibe, monta nel mondo degli esuli istriani, giuliani, fiumani e dalmati, come in larghi settori dell’opinione pubblica italiana, la richiesta al nuovo Capo dello Stato Sergio Mattarella, di revoca del Gran Cordone dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana, che Giuseppe Saragat conferì nel 1969 al primo responsabile delle foibe, il Maresciallo Tito.

E’ infatti intollerabile che la massima onorificenza dello Stato fregi ancora, quantunque scomparso dal 1980, il dittatore comunista jugoslavo, autore delle feroci stragi che si protrassero dal settembre 1943 a dopo la fine della guerra.
Tra le 10 mila vittime delle foibe, vanno inclusi i triestini trucidati dai partigiani titini durante l’occupazione di Trieste. Poco o punto fecero gli inglesi subentrati ai titini a Trieste. Anzi, la repressione continuò fino alla liberazione del 24 ottobre 1954.
La RepubblicaItaliana in un impeto di recupero della dignitànazionale e per l’affermazione di una memoria storicacondivisa, dopooltre mezzo secolo di oblio, con il nuovoPresidente Mattarella, dovrebbe oggi revocare l’alta decorazione che il Presidente Saragat improvvidamente conferì al carnefice di migliaia di italiani.

Valga come esempio il precedente per il quale, infuriando la Rivoluzione in Romania, appresa la strage di Timişoara, di cui la coppia Ceauşescu fu responsabile, il 23 dicembre 1989, la regina Margherita II di Danimarca e, il 24, la regina Elisabetta II del Regno Unito, revocarono immediatamente i rispettivi Ordini reali supremi conferiti in precedenza a Nicolae Ceauşescu. Ciò accadeva alla vigilia del processo per i gravi delitti di strage e dell’esecuzione del tiranno comunista romeno.
L’Italia anche in quell’ora non provvide a revocare l’alta decorazione pure a Ceauşescu conferitagli nel 1973 dal Capo dello Stato Leone.

I familiari e discendenti delle vittime delle foibe debbono avere oggi almeno un gesto di riparazione sia pur simbolico, che non può ulteriormente tollerare l’abuso compiuto nel tentativo bieco quanto goffo di stendere sulla tragedia delle foibe un oblio storico al punto di onorarne il carnefice e far dimenticare i suoi delitti di genocidio.
Nessuna ragione politica, senza pretendere di processare il passato e i suoi protagonisti macchiatisi dei peggiori delitti contro l’umanità, ma per affermare dinanzi alla storia e alle giovani generazioni, l’esigenza di rendere onore ai martiri ed additare ai posteri le vie della giustizia ed agli italiani, dopo 70 anni, sopiti gli scontri ideologici, ideali di pace ed una memoria storica condivisa.
Fernando e Simona Cecilia Crociani Baglioni
Roma, 15 febbraio 2015
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