…oggi, dopo duemila anni, il mito del liberatore dall’oppressione straniera, del fautore dell’unità tedesca e inventore dell’idea stessa di Germania è ancora vivo, come dimostra il milione e passa di visitatori che ogni annosi recano a Detmold in una sorta di mistico pellegrinaggio identitario. Forse perché, come spiegano M. Bocchiola e M. Sartori in un recente e puntuale saggio sulla battaglia (“Teutoburgo 9 d.C. La disfatta delle legioni di Augusto”, Milano 2005), quella animata da Arminio fu una lotta per preservare la propria civiltà tornando alle origini contro la pressione di una cultura – quella romana – evidentemente più avanzata: il primo caso noto, insomma, di quel “nativismo” che oggi – anche per reazione alla globalizzazione e alle tensioni che questa comporta – sembra tornato di moda.
di E. Percivaldi, Un mito controverso – “Hermann”
«Ebbe a suo sfavore l’amore per la libertà del suo popolo, e assalito con le armi mentre combatteva con esito incerto, cadde tradito dai suoi collaboratori. Indubbiamente fu il liberatore della Germania, uno che ingaggiò guerra non a un popolo romano ai suoi inizi, come altri re e comandanti, ma a un Impero nel suo massimo splendore. Ebbe alterna fortuna in battaglia, ma non fu vinto in guerra. Visse trentasette anni e per dodici fu potente. Anche ora è cantato nelle saghe dei barbari, mentre è ignorato nelle storie dei Greci che ammirano solo le proprie imprese e da noi Romani che esaltiamo l’antichità e non badiamo ai fatti recenti, non è celebrato ancora come si dovrebbe».
È la voce dello storico latino Tacito, che nei suoi Annales (II, 88) descrive Arminio con un’enfasi tale da portarlo, quasi duemila anni dopo, a…
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